Una sapienza diversa

Qualche tempo fa mi è capitato di rileggere un vecchio racconto di uno scrittore tedesco. Il protagonista – un ragazzo di nome Hannes – viene giudicato da tutti un sempliciotto, un po’ stupido, imbranato, non molto bravo a stare in mezzo alla gente. Eppure è capace di ascoltare la natura, di conoscere i segreti delle cose, sembra persino che riesca a parlare con gli animali di cui si prende cura e dei quali conosce i segreti più nascosti. E forse questa sua attitudine a preservare il silenzio, a non imporsi con la forza, a guardare il mondo e le cose con tenerezza e compassione, lo rende capace di confortare, consolare, guarire, sciogliere le tensioni, riappacificare i nemici, spegnere i pensieri e le inclinazioni cattive nel cuore degli uomini.

Mi è tornato alla mente questo racconto rileggendo le parole di Paolo che oggi ascoltiamo nella seconda lettura. “Parliamo della sapienza di Dio, che è nel mistero, che è rimasta nascosta.

Nessuno dei dominatori di questo mondo l’ha conosciuta; se l’avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria”. Forse davvero c’è una sapienza nascosta che il mondo stenta a riconoscere perché non corrisponde ai suoi metri di giudizio, a quello che i potenti considerano importante. E di sicuro questa sapienza mondana non è quella che andiamo cercando, anche se a volte ce ne sentiamo attratti, anche se ci viene spontaneo configurarci a modelli e valori da poco, quelli che inseguono – sono parole di Paolo – “i dominatori di questo mondo, che vengono ridotti al nulla”.

Mi piacerebbe essere più saggio. E capisco che per diventarlo non è necessario accumulare informazioni e notizie. Ogni giorno ne sono bombardato, ne ricevo un’infinità, molte più di quante mi è possibile immagazzinare e ricordare. Tante di queste non mi servono a nulla, non spengono la mia sete di sapere, non mi rendono più intelligente o più acuto, e col passare degli anni le dimentico sempre più in fretta. Quando non mi lascio prendere dall’ansia e dalla frenesia, al contrario, mi rendo conto che lo Spirito mi vorrebbe suggerire una sapienza diversa, quella che risiede nella profondità di Dio: profondità misteriosa e infinita verso la quale mi affaccio con timore, senza la pretesa di comprenderla. Me ne basta una scheggia, un bagliore, e tutto si illumina e si chiarisce all’improvviso. Sarà per questo che vado alla ricerca delle cose semplici, quelle che non ho ancora imparato a vedere con occhi limpidi, quelle che trascuro perché vado troppo di corsa. Sono le ricchezze della vita quotidiana, legate alle stesse persone che incontro, agli stessi gesti che replico da anni, all’infinita ripetizione delle stesse parole di preghiera che a volte mi paiono insipide e sterili e altre volte mi commuovono fino alle lacrime.

Cerco una sapienza diversa, che non mi faccia diventare più noto o famoso, più ricco o potente.

Una sapienza che mi faccia entrare con dolcezza e rispetto nel cuore delle persone, che mi aiuti ad accoglierle, a custodirne con cura i segreti. Cerco una sapienza che mi regali la gioia e il gusto della vita in mezzo alle sue sofferenze e alle sue tragedie. E sono convinto di non essere solo in questa ricerca. Riscopro questa medesima tensione negli occhi brillanti dei bambini, in quelli opachi ma luminosi di qualche vecchio carico di anni e di saggezza, perfino negli sguardi vuoti e stanchi di chi fatica ad abbracciare la vita ma non si è ancora arreso.

La ritrovo nei saluti della gente, nei timidi cenni di affetto e di pace che non rinunciamo scambiarci anche nei tempi più cupi. Davvero c’è una sapienza diversa che ci fa entrare dolcemente, poco alla volta, negli infiniti segreti di Dio.