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Crocifisso

Crocifisso ligneo policromo

Oltre che per essere ammirato in tutto il suo originario splendore e nella sua ritrovata bellezza dopo l’intervento di restauro eseguito nel 2003, il Crocifisso della nostra chiesa è posto lì davanti a tutti, affinché ognuno possa essere abbracciato dalla sconfinata tenerezza di un “Dio che ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in Lui non muoia, ma abbia la vita eterna” (Gv. 3, 16). Basta da parte dell’uomo alzare lo sguardo e sorprendersi ‘guardato’, ancor prima di domandarlo …

Don Carlo Garavaglia

 

Per almeno sessant’anni la chiesa di Sant’Alessandro ha custodito – durante la seconda guerra mondiale nel sottotetto e poi nella sagrestia – un antico crocifisso la cui provenienza è sempre stata ignota. Anche il Chronicon della parrocchia tace a questo proposito e l’ipotesi più accreditata tra i fedeli è che la scultura fosse stata donata dalla famiglia Majno, già prodiga fautrice del quartiere e della chiesa.
Alla luce degli interventi di restauro eseguiti dalla restauratrice Daniela Morosi grazie alla sensibilità dell’allora parroco don Carlo Garavaglia, è possibile affermare che il crocifisso è sicuramente opera di un artista formatosi nell’ambito del grande cantiere del duomo di Milano e che aveva come modello la scultura dell’artista Jacopino da Tradate, autore ad esempio della statua di Martino V (1421), ancora oggi visibile nel retrocoro del duomo di Milano.
Inoltre, alcune delle caratteristiche di tale opera possono dirsi proprie della cultura gotico-internazionale, intrisa di una nuova attenta lettura dell’uomo: il Dio fattosi uomo è ritratto dall’artista con umana partecipazione cogliendone la sofferenza nel tendersi dei muscoli che ridisegnano le ossa e riportando l’intensa espressione del viso dagli occhi socchiusi.
Particolarmente pregevole è poi la policromia riscontrabile in tale opera scultorea.
A fronte della totale assenza di notizie storiche relative al crocifisso si possono solo avanzare delle ipotesi circa la sua provenienza.
Una di queste è quella secondo cui, rispecchiando tale opera una iconografia comune ad una serie di sculture diffuse tra Piemonte, Lombardia e Liguria intorno alla metà del XV secolo, potrebbe essere attribuita a Baldino da Surso o ad uno dei suoi allievi.
Un’altra ipotesi è quella secondo cui nel 1465 la confraternita del Crocifisso di Gallarate commissionò allo scultore Beltramino Gallazzi l’esecuzione di una croce recante Cristo Crocifisso, le quattro figure di Dio Padre, San Giovanni Evangelista, la Vergine e Maria Maddalena, collocate alle estremità dei bracci della croce, ed un teschio posto ai piedi di Gesù a simboleggiare il Calvario sul quale, secondo la leggenda, era stato sepolto Adamo.
Ora, in seguito alla visita pastorale a Gallarate di San Carlo Borromeo avvenuta nel 1570, egli rititolò la confraternita alla Pietà, facendovi confluire i membri di altre scuole. Probabilmente l’assenza di notizie storiche riguardanti il crocifisso può essere spiegata anche da tale circostanza.