Sicura come l’aurora

Ho fatto un piccolo esperimento. Sono entrato in Google col mio PC e ho digitato le parole “Sicura come…”. Le prime frasi che mi sono apparse per continuare la ricerca sono state: sicura come l’oro; come l’olio; come la morte; come una palla; come certe amiche.

E mi fermo qui, capisco che vi siete già annoiati a leggere dopo poche righe. In ogni caso non ho trovato tra le più gettonate una risposta che seguisse l’intuizione del profeta Osea, che a proposito della venuta del Signore afferma che è “sicura come l’aurora”.

Il profeta azzarda un paragone che ci lascia un pochino perplessi, e in un primo momento ci verrebbe da invitarlo a cambiare immagine. Certo l’aurora è qualcosa di magnifico, ha un’infinita tavolozza di colori a disposizione per pitturare il cielo che si schiarisce dopo il buio notturno, ci lascia incantati, senza fiato. Eppure tante volte non la vediamo; non solo perché magari ce ne stiamo a letto a dormire, ma anche perché la nebbia o la pioggia se la mangiano e ce la nascondono, il maltempo ce la ruba e ce la porta via. Ovviamente arriva, ma chi se n’è accorto, chi l’avrà vista passare? E proprio in questo sta il bello, la forza dell’immagine del profeta.

Osea – non dimentichiamolo – la paragona alla “venuta del Signore”. È come se ci dicesse: guarda che il Signore c’è, arriva di sicuro a svegliarti, a incontrarti all’inizio delle tue giornate.

Il problema non è che si dimentica Lui di passare, ma che non ti accorgi tu del suo arrivo, preso nella nebbia dei tuoi affanni, in mezzo alla tempesta delle tue preoccupazioni, o semplicemente poco reattivo, ancora addormentato e impigrito. Dio regalerà un altro giorno a questo mondo, ma il mondo se ne renderà conto?

Se facciamo un piccolissimo passo indietro nel testo profetico, scopriamo che l’affermazione “sicura come l’aurora” è preceduta da un’esortazione, da un invito: “Affrettiamoci a conoscere il Signore”. È un appello a destarsi, a non perdere tempo, perché l’aurora non dura tutto il giorno, passa veloce, lascia spazio a un’altra luce. Osea ci dice: afferra al volo il passaggio del Signore quando è ancora mattino presto, non lasciartelo sfuggire finchè resiste l’aurora, prendilo al volo all’inizio della giornata. Passeranno i minuti, le ore, e rischierai di dimenticarti di Lui, non ci farai più caso, sarai preso delle tue incombenze e dalle tue fatiche, ti lascerai schiacciare dagli affanni quotidiani. Fermati almeno per un istante a guardare Dio in faccia; fallo nelle giornate di sole, quando tutto canta e sorride, e in quelle in cui non vedi nulla, quando il cielo e il cuore ti sembrano cupi e scuri, senza luce, senza futuro

Un’ultima considerazione, banale finchè si vuole. L’aurora spezza il buio, chiude la notte e apre a un giorno nuovo. Dire che è “sicura”, come afferma il profeta, ci regala una manciata di speranza mentre attraversiamo la notte. Quando si soffre, si sta male, quando il peso della vita ci schiaccia e ci confonde, viene da pensare che il giorno non arriverà mai più, capita di credere che nessuna aurora ci sarà più ad attenderci e ad accoglierci.

Forse il profeta con questa immagine ardita vuole darci coraggio, vuole suggerirci che chi si affretta a cercare il Signore, chi non smette di invocarlo e di pregarlo, trova la forza per attraversare la notte, ogni notte, anche quelle che sembrano non finire mai. Ci aiuta a vivere disposti ad affrontare il nuovo giorno comunque esso si presenti, con i suoi imprevisti e le sue fatiche, i malintesi e gli inevitabili insuccessi che lo accompagneranno, i peccati che ci faranno soffrire, i pesi – a volte sempre gli stessi! – che ci pare di non riuscire più a portare.

Un salmo che a volte recitiamo nella liturgia, ci suggerisce che l’uomo in preghiera vuole addirittura “svegliare l’aurora”, precederla, destarla col canto e la musica, col salmo e la danza. Bello, certo. Quasi troppo. Forse, consapevoli come siamo dei nostri limiti, sarebbe già molto farci trovare pronti al suo arrivo.