Sono arrivato primo

Non si sa bene a chi attribuire la frase resa famosa da un personaggio interpretato secoli fa da Walter Chiari. Il personaggio in questione era un ciclista, che felice per avere sbaragliato la concorrenza e stravinto la gara, urlava al microfono e alle telecamere: “Mamma, sono contento di essere arrivato uno!”. “Uno” sta per “primo”, evidentemente, ma l’ignoto gregario trionfante non ha avuto tempo di studiare letteratura e grammatica e si esprime come può. L’apostolo Paolo, invece, ha studiato eccome! E forse anche per questo non si lascia andare a sgangherati commenti di fronte a televisioni nazionali o locali (allora inesistenti) quando arriva ad Efeso. Non lo fa soprattutto perché non gli sembra il caso, ma più radicalmente perché non è arrivato né uno né primo in quella che è una delle più importanti città dell’epoca. Qualcunolo ha preceduto: forse qualche predicatore itinerante, magari non troppo esperto di teologia e di dottrina, ma di sicuro animato da tanta fede e da buone intenzioni. Paolo ne dovrà rettificare e correggere l’operato, ma in ogni caso è arrivato dopo di lui. E inoltre l’apostolo sa bene che c’è qualcuno che lo precede in ogni suo passo, che gli apre la strada, che preparai cuori. Questo Qualcuno è lo Spirito Santo. Ricordo e riporto una frase del Cardinal Martini che ci può accompagnaree consolare soprattutto nei momenti difficili, quando ci sembrava non solo di non essere arrivati “primo”, ma di non essere nemmeno partiti, di avere fatto fallimento, di non aver raggiunto nessun risultato. Scriveva così l’allora arcivescovo di Milano: “Lo Spirito c’è, opera dappertutto, c’è e opera prima di noi, meglio di noi, più di noi. Una delle tentazioni più sottili e perfide del Maligno è quella di farci dimenticare la presenza dello Spirito, di farci cadere nella tristezza come se Dio ci avesse abbandonato in un mondo cattivo, con il quale lottiamo ad armi impari, perché l’indifferenza, l’egoismo e la dimenticanza di Dio hanno a poco a poco il sopravvento”. Siamo in un momento nel quale ci sembra di non poter far nulla se non ci troviamo in primafila, nelle case di riposo, negli ospedali, o impegnati nei mille servizi umili che garantiscono e tutelano il nostro vivere quotidiano. Magari ci sentiamo inutili, vorremmo fare e non possiamo, ci tocca restare inerti e bloccati nelle nostre case, e finiamo col perdere la fiducia, la speranza, perfino la voglia di pregare. Ci viene da pensare che anche Dio ci abbia abbandonato. Né primi né ultimi: tagliati fuori, fuori gioco. Eppure lo Spirito lavora. Lui sì che è arrivato primo: prima di ogni apostolo di buona volontà, prima di chiunque provi ad operare il bene, prima di ogni cosa e di ogni uomo. Sostiene la fatica di chi sta lavorando senza sosta per il bene comune, rinnova la speranza nei cuori di chi cede alla tristezza, tiene compagnia a chi muore senza un volto o una mano amica vicino al suo letto, illumina la mente di chi è chiamato a prendere decisioni importanti (e quest’ultima opera è davvero molto, molto difficile). Se c’è una cosa che posso, che possiamo fare tutti in questi momenti di tensione e di paura è metterci in ascolto della voce dello Spirito. Parla piano, parla sottovoce, somiglia a un vento leggero, eppure parla. Lo scopriamo nei segni semplici di bene che danno luce anche alle giornate più cupe, nelle parole che ci toccano il cuore e ci aprono alla speranza, nelle buone notizie che affiorano qua e là tra mille voci assordanti e discordi, minacciose e cupe. Lo Spirito è arrivato “prima”. Forse proprio per questo è in grado di regalarci un po’ di fiducia nel “dopo”, in un futuro migliore che attendiamo con trepidazione e speranza.