Parrocchie della città di Gallarate

Carissimi fratelli, carissime sorelle,
è la Santa Messa celebrata insieme che ci ha fatto prendere coscienza che siamo fratelli e sorelle e allo stesso tempo ci ha accompagnato per metterci in cammino e diventarlo davvero. Sempre nella Santa Messa professiamo la nostra fede e proclamiamo di credere in un solo Dio che è Padre. Così consapevoli che Dio Padre è uno solo, impariamo a guardare come fratelli e sorelle tutte le persone che incontriamo prima di venire in chiesa e dopo essere usciti.
Ebbene in questi giorni di rinunce, compresa la rinuncia alla convocazione per la Santa Messa, a causa del contagio che ci raggiunge, scopriamo che questo legame nell’unica famiglia umana ci coinvolge in maniera prepotente. Potremmo pensare in negativo al fatto che da un paese lontano o dal nostro vicino possa venire una minaccia per la nostra salute, ma credo che in questi momenti prevalga e ci sorprenda il sentimento di prossimità dei cuori, che si esprime nella condivisione delle insicurezze e del dolore degli
altri, nell’ammirazione per la generosità di chi si prende cura di noi, nella disponibilità a sacrificare qualcosa della nostra libertà per proteggere chi è più fragile, nell’accettare con rispetto le indicazioni di chi ha autorità e deve agire in un contesto dove nessuno può dirsi maestro.
In questi giorni ho concluso i colloqui per il consenso delle coppie di fidanzati che si devono sposare subito dopo Pasqua. Durante il corso di preparazione questi nostri giovani sono stati aiutati a prendere coscienza del significato della promessa che è al centro del rito di matrimonio: “…con la grazia di Cristo, prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita”. Loro hanno già esperienza di cosa significhi la gioia e il dolore, la
salute e la malattia; lo hanno appreso dalla storia delle loro famiglie e ne tengono conto, ma nessuno ha mai pensato all’esperienza che stiamo vivendo. Forse è meno grave di altre prove, ma è certamente inedita per le nostre generazioni, perché raggiunge e condiziona tutto intero il sistema di vita sociale.
Il nostro Arcivescovo Mario ci sta aiutando a stare dentro questa situazione, con saggezza e cordialità. Vi invito a seguire i suoi interventi pubblicati sul sito della diocesi www.chiesadimilano.it. Ci sono anche videomessaggi da ascoltare in famiglia.
Mentre si precisano le indicazioni per contenere il contagio, iniziano anche le riflessioni per comprendere il significato di quello che sta capitando. Qualcuno per esempio va a rileggere il libro dei Promessi sposi, di Alessandro Manzoni, dove, nella storia già complicata di quei giovani, irrompe, devastante, la peste. A me fa bene anche questa volta riprendere la conclusione di quella storia, dove innanzitutto Lucia, la sposa, rivendica che lei i guai che ha conosciuto non è andata a cercarseli, ma poi con più profondità condivide con Renzo, lo sposo, che i guai possono venire per colpa o senza colpa, ma “la fiducia in Dio li raddolcisce e li rende utili per una vita migliore”. La fede in Dio li raddolcisce, non ne cancella del tutto l’amarezza, e li rende utili per una vita migliore. Non è automatico che alla fine ne venga una vita migliore: la fede in Dio li rende utili; per questo non è evitabile l’appello al nostro impegno perché tutto si
concluda così in modo migliore.
Nel libro dei Promessi sposi si incontra la Provvidenza che traduce e attualizza la promessa biblica della fedeltà di Dio. Cosa significa che per noi “La c’è la Provvidenza”?
Significa che in ogni situazione abbiamo la possibilità di starci dentro da cristiani. Non c’è un tempo, o un luogo che sia abbandonato dalla grazia di Dio; non c’è una condizione che ci impedisca di viverla da cristiani. La gioia e il dolore la salute e la malattia, lo testimoniano tanti sposi, possono diventare l’occasione per scoprire in modo nuovo qualche riflesso di un amore, che c’era anche prima, ma che si vedeva meno. Situazioni impreviste ci aiutano a far emergere in noi e nel nostro prossimo risorse buone,
potenzialità creative, non ancora del tutto espresse.

Ci possiamo inoltrare così in questa sfida, come Gesù nel vangelo di domenica scorsa si inoltrava nel territorio ostile  della Samaria, con la certezza che anche lì c’era un’occasione di grazia per dare e per ricevere. Sfidando il territorio  ostile di questo contagio, secondo lo Spirito di Gesù, troveremo il modo di ricevere e di donare, di ascoltare e di  raccontare qualcosa che sia nuovo e anche migliore.  La stessa parola consapevole e fiduciosa di Alessandro Manzoni, la troviamo nelle parole semplici e solenni di don  Camillo, così come ce le racconta Giovanni Guareschi nell’episodio dell’inondazione del Po. Don Camillo, in chiesa,  dove l’acqua impedisce di celebrare l’Ufficio Divino, rivolge, dall’altoparlante esterno, parole di consolazione ai fedeli  che stanno allontanandosi per portare in salvo le loro famiglie: “Fratelli… non è la prima volta che il fiume invade le  nostre case, ma un giorno le acque si ritireranno e il sole tornerà a splendere, allora ci ricorderemo della fratellanza  che ci ha unito in queste ore terribili e con la tenacia che Dio ci ha dato ricominceremo a lottare, perché il sole sia più  bello… perché la miseria sparisca dalle nostre città e dai nostri villaggi. …Che Iddio vi accompagni e così sia”. Con gli altri confratelli sacerdoti, in particolare con i parroci don Mauro, don Giovanni e don Luigi, invoco la  benedizione del Signore sulla nostra città.

Don Riccardo