La gloria, la freddezza

La pagina di Matteo 25, quella che ascoltiamo nel Vangelo, è chiamata spesso la pagina del “Giudizio Universale”. Per questa ragione, mentre la leggiamo abbiamo subito un po’ di tremore e un po’ di inquietudine. È una pagina che ha dentro un giudizio, si parla di fuoco eterno e quindi ci si potrebbe anche spaventare un po’; eppure è una pagina ricca di misericordia.
Vi confesso che un primo momento di dilatamento del cuore, di apertura, l’ho avuto su una delle prime parole del vangelo di oggi. Qual è la parola? È “Gloria”. “Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria”. Questa parola, quando leggo il vangelo, mi piace e sapete il perché? Quando si ha a che fare col vangelo che racconta la storia di Gesù, quasi sempre Gesù sta patendo.
Non mi riferisco solo a tutta la lunghissima vicenda della Passione che prende dentro molti capitoli del vangelo. Pensiamo a quante volte Gesù è frainteso dai suoi discepoli o addirittura tradito e rinnegato, o si scontra con gli scribi ed i farisei, lotta contro i demoni, magari cerca un momento di pace ma le folle lo inseguono. C’è un brano di vangelo bellissimo dove si dice che Lui e gli apostoli non avevano neanche il tempo per mangiare. E allora che bello quando c’è un Vangelo, lo dico molto banalmente, dove Gesù sta bene! In questo caso Gesù è nella gloria! Ma andiamo sul linguaggio popolare; magari uno di noi inciampa e cade e ci vien da dire: “Oh, povero Cristo!”; perché quando uno soffre, quando uno sta male, quando qualcosa gli va storto, ti viene in mente Cristo povero, che soffre. Bene, qui Gesù non patisce! Sono proprio contento per Lui! E questo, forse, già ci aiuta ad allargare un po’ il cuore. Eppure c’è qualcosa in questo testo che ci inquieta.
Al versetto 41 il Figlio dell’uomo nella gloria, il nostro Signore Risorto, dirà a quelli alla sua sinistra: “Via, lontano da me, maledetti nel fuoco eterno”; e qui – dopo la parola “gloria” – mi viene in mente un’altra parola: la parola “freddezza”. Molte volte il dolore più grande che ricordiamo per il male ricevuto non è quello per cui uno magari ci ha schiaffeggiato o ci ha gridato dietro; di solito il dolore maggiore che si riceve dagli altri è la freddezza. Quando ti sembra di non esistere, quando ti sembra che nessuno ti veda oppure quando proprio quelle persone che ti stanno più a cuore neanche ti considerano, oppure ancora quando ti sembra di essere cercato solo perché hanno bisogno di te ma, in fondo, di te, nulla a loro importa. Quando senti freddezza. Perché? Perché in effetti la più grande antitesi dell’amore è la freddezza, il freddo.
Nell’inferno della Divina Commedia ci sono punizioni di ogni tipo, ma nel punto peggiore dove c’è Lucifero, al cuore dell’inferno, dove ci sono i traditori, il peggio del peggio, non ci sono le fiamme, perché Dante è un genio; c’è la ghiaccia infernale perché la grande metafora dell’odio, che è l’opposto dell’amore, è il ghiaccio, è il freddo. “Io non provo nulla!”. La freddezza!
Io non so come sarà l’inferno nell’aldilà, però so com’è l’inferno nell’aldiquà e lo sapete anche voi: è la freddezza. Allora è come se Dio, non sapendo più cosa fare con la gente congelata, dicesse: “Ti metto nelle fiamme, magari ti scaldi un pochino”. Se avesse detto: “maledetti voi nel gelo eterno” io mi sarei davvero spaventato. Invece questo fuoco eterno mi va venire in mente un Dio che non sa più cosa inventare perché il suo calore passi dentro il nostro cuore. Chissà se il fuoco eterno vi dà un attimo una mossa! Perché appunto l’inferno nell’aldiquà, il mio inferno, non è che vada in giro a picchiare la gente, a fare lo sgambetto alle vecchiette, a spezzare le panche in testa ai miei parrocchiani. Il mio inferno è quando non me ne importa nulla. Se pensiamo ai grandi drammi storici ci si domanda: ma come facevano certi uomini a fare cose tremende ad altri uomini? Perché ormai erano riusciti a non provare più nulla. Così il nostro cuore: se sei congelato e non senti nulla, puoi fare qualunque male. Quindi possiamo pregare così: “Signore sciogli il ghiaccio che c’è dentro di me a costo di fiamme, anche se eterne forse è un po’ troppo”. Non so a voi, ma un po’ di fiamma forse a me fa bene. Ho bisogno di questa misericordia, certo un po’ robusta, un po’ tosta, e il Signore nella gloria saprà vincere la mia freddezza.