Non dimenticate l’ospitalità

“Occorre superare la divisione in settori con cui noi pratichiamo la vita cristiana. Bisogna unire, andando verso un tempo di cambiamento che ha sempre più bisogno della rigenerazione della cultura come base essenziale ed elementare. Infatti, la condivisione del bisogno realizza cultura vera, rispondendo alle grandi domande del perché esista il male, dove sia Dio nella sofferenza e di cosa possiamo fare noi fragili uomini. E’ attraverso la carità che impariamo a essere veramente fratelli e sorelle in Cristo. I santi della carità – tanti anche quelli sconosciuti nel nostro tempo – sono coloro che hanno reso il bisogno dell’altro il loro proprio bisogno”.

Una carità questa che diviene possibilità di sguardo sistematico sull’esistenza e che genera gratuita e cura “due parole decisive per superare le malattie sociali di oggi: le solitudini estreme, lo smarrimento di fronte alle prove, le angosce che derivano dagli elementi di ombra dalla vita. La pratica della carità insegna la cura verso le persone che vengono al nostro incontro e lo fa in modo gratuito”. Come gratuitamente abbiamo ricevuto, gratuitamente occorre dare, con semplicità, parte del nostro tempo, suggerisce Scola. “Per educare i nostri fedeli alla carità bisogna spostare il baricentro dall’altro a sé. Questo non è egoismo perché primo scopo della condivisione deve essere educarsi ed amare, essendone culturalmente avvertiti. Questo “stare con” lo possono fare tutti. Chiunque deve poter partecipare alle nostre opere, ma deve essere chiara la ragione in chi fa la proposta. Questo vuole dire essere presi a servizio, per imparare a voler bene. Così vissuta, da tutto il popolo di Dio, la carità legittima la verità poiché non vi è nulla che faccia comprendere la bellezza, la bontà e l’unità, vissuta dentro la Chiesa quanto la carità praticata” .

(dall’articolo di A. Braccini sul Convegno per la Giornata Diocesana Caritas)