Non trascurare il dono

L’apostolo Paolo – come spesso gli capita – riesce ad accumulare in poche righe una serie infinita di esortazioni, capaci di stordirci un pochino; chissà cosa avrà pensato il povero Timoteo, al quale sono dirette. Sembra quasi di sentire quelle mamme un po’ tanto ansiose che ricordano tutti insieme ai loro bambini (perlopiù molto distratti) un numero imprecisato di comportamenti da tenere: “stai attento alle macchine, non parlare con quel ragazzo, stai composto, allacciati le stringhe, non mettere le dita nel naso, saluta bene il nonno, non trascinare lo zaino, togli le scarpe quando entri in casa, scrivi ordinato sul quaderno dei compiti” eccetera eccetera. Il bambino in genere esce un filino rimbambito da questo fuoco di fila di raccomandazioni e fa esattamente il contrario.

Ma cerchiamo di non distrarci e torniamo al testo della lettera a Timoteo. Scegliamo una sola delle esortazioni dell’Apostolo, forse la più importante; riascoltarla può fare del bene anche a noi: “Non trascurare il dono che è in te”.

Paolo fa riferimento a un dono particolare, conferito “con l’imposizione delle mani da parte dei presbiteri”. Si tratta di un ministero preciso, di un servizio di rilievo all’interno della comunità, suggellato e sancito dal dono dello Spirito. È un ministero che suppone una responsabilità grande: Timoteo è chiamato ad esercitare un ruolo di guida, un servizio che prevede l’esercizio dell’autorità e la capacità di ben governare. Ed è bello che Paolo gli raccomandi di non trascurare “il dono” ricevuto, non “i doveri” che ne derivano. Prima viene il dono, poi il servizio, e si serve bene in una comunità, in una famiglia, solo se si percepisce la bellezza di quanto si è ricevuto, la possibilità di una grazia che permette di prendersi cura dell’altro, di assumersi responsabilmente anche i pesi che ogni servizio comporta. Ma in realtà ciò che Paolo dice a proposito del ministero di Timoteo vale per tutti, anche per chi non esercita un compito preciso ma semplicemente vive in mezzo agli altri, nell’esistenza quotidiana con i suoi problemi e le sue ricchezze. Paolo dice queste parole a ciascuno di noi: “Non trascurare il dono che è in te”.

Cosa significa per me oggi questa esortazione?

Anzitutto che un dono ce l’ho di sicuro, non sono così povero da non avere nulla da donare; e anche se ci sono momenti o intere giornate nelle quali mi sembra di essere

completamente arido e vuoto in me c’è un dono, una grazia che il Signore non ritira. Sta a me prenderne coscienza, credere fermamente di averlo anche quando mi verrebbe da deprimermi per i miei insuccessi, da spaventarmi per le mie paure, da disperarmi per le mie incoerenze e i miei peccati. In me c’è un dono, io stesso posso, voglio essere dono.

In secondo luogo significa ricordare di averlo. Perché a volte ce ne dimentichiamo, e finiamo per invidiare i doni degli altri, per paragonarci a loro, vivendo tra invidie e gelosie, sentendoci defraudati di ciò che abbiamo soltanto per il fatto che anche altri lo posseggono. Non dimenticare di avere ricevuto un dono da Dio. Che cosa ne hai fatto?

E qui si apre la terza considerazione: prenditi cura del dono che ti è stato fatto, coltivalo, fallo crescere, dagli attenzione, non trattenerlo per te se no marcisce, ma condividilo, regalalo, e allora lo vedrai moltiplicarsi e crescere.

Mi piace che Paolo raccomandi di “non trascurare”. Non parla di disprezzo, ma di trascuratezza, di disattenzione, di superficialità. Indica il rischio di una mancata manutenzione del dono di Dio, di una sventatezza dispersiva che non trova mai l’attenzione, la concentrazione, la profondità per gioire e godere della ricchezza ricevuta e per imparare a regalarla con gioia. Se non trascuriamo il dono di Dio che è in noi, se ne prendiamo coscienza e ce ne prendiamo cura, allora anche altri potranno scoprire qual è il loro dono. Sarebbe davvero bello vivere così.