Una nuvola come tappeto

Il libro è datato 1991. Si intitola “Una nuvola come tappeto”. L’autore racconta a suo modo alcune storie bibliche: lo fa con intensità e passione, eppure continua a considerarsi “non credente”.

Meglio – mi viene da dire – di molti credenti la cui fede non si lascia inquietare e tormentare dalla Parola di Dio, o si siede nella ripetizione di riti che rischiano di svuotarsi e di perdere significato quando non c’è dentro il cuore. Leggo queste parole a pagina 11:

«Ecco il rigo 39 del salmo 105, dove si canta Dio che guida gli Ebrei nel deserto. Il testo
ufficiale della Chiesa lo traduce: “distese una nube per proteggerli”. Alla lettera è invece:
“stese una nuvola come un tappeto”. Dio spiana in cielo il suo cirro ed esso, per effetto
dell’ombra che produce, forma in terra una traccia. Gli Ebrei attraversano la penisola del
Sinai, loro primo deserto: dove dirigersi nell’uniformità dell’orizzonte? Levano lo sguardo
al cirro disteso la cui ombra si stende come un tappeto, si affidano alla segnaletica celeste.
Segnato dalle nuvole sarà il cammino del popolo estratto dai ceppi d’Egitto. Nei deserti,
nei secoli, attenderanno dal cielo i sentieri. Per tappeto intenderanno la Bibbia. Percorro
anch’io le sue piste senza alzare gli occhi al soffitto, sperando che un po’ di condensa, un
vapore, guidi il mio viaggio».

Il salmo è lo stesso che preghiamo nella liturgia di oggi, le parole della traduzione ufficiale rimangono uguali, e le ascolteremo così. Eppure è bello lasciarsi guidare – mentre le recitiamo con fede – dalla tenue immagine della condensa, del vapore della Parola di Dio che basta per guidare anche i viaggi più complessi e difficili. La Bibbia è così intensa, così vera, che sono sufficienti anche poche gocce cadute dalla sua immensa nube di sapienza e di bellezza per sostenere, consolare, accompagnare, condurre, compiere il faticoso cammino dell’uomo di ogni tempo. L’immagine della nube – ed è un secondo pensiero che mi accompagna quando leggo questo versetto del salmo – diventa tanto più forte quanto più ci rendiamo conto dell’intensità e del calore del sole per chi percorre un deserto. Non è il tepore consolante che rischiara e riscalda, di fronte al quale ci si sdraia per riposare e prendere un po’ di colore, come si fa quando si va in spiaggia: è qualcosa che secca e brucia la testa, le membra, il cuore, che impedisce di ragionare e pensare, che toglie le forze, confonde e fa impazzire. Fa piacere avere una nuvola sopra la testa: c’è perfino un salmo che ce ne ricorda l’importanza: “Il Signore è il tuo custode, il Signore è come ombra che ti copre, e sta alla tua destra. Di giorno non ti colpirà il sole, né la luna di notte”. (Sal 121, 5-6).

Mi hanno spiegato che i “colpi di sole” non sono solo quelli che ti mandano in pappa la testa; si chiamano così anche degli artifici di bellezza che si possono sperimentare dalla parrucchiera. Confesso di non saperne molto. So che i colpi di sole che ti prendono nel deserto sono terribili, ti possono perfino far morire. Misuro allora tutta la tenerezza di un Dio che regala al suo popolo una nuvola per tenergli compagnia, per proteggerlo e farlo camminare leggero, per nascondere e schermare il terribile calore del sole che toglie fiato e respiro. Una nuvola come tappeto, traduceva lo scrittore di cui sopra, e forse con questo intendeva anche regalarci un’immagine domestica: una stuoia su cui sdraiarsi a riposare e a sonnecchiare, un arazzo da contemplare nella meraviglia del suo disegno, uno scendiletto dove posare i piedi al risveglio, per riprendere il viaggio della vita. Ci possiamo immaginare così la Parola di Dio, come un magnifico tappeto sopra la nostra testa, che custodisce e protegge, che rinfresca e dà fiato, che illumina e indica il cammino.