Covid 19 e futuro immediato

Premessa

Don Giovanni,su sollecitazione della diocesi, ha chiuso l’ultimo Coniglio Pastorale, chiedendo suggerimenti per l’immediato futuro pastorale. Un mio modo di vedere: si tratta di spunti per una riflessione.

Interrogativi

Io credo che la prima cosa che dobbiamo fare è di chiederci quali interrogativi sta suscitando in noi  questa crisi, e poi parleremo di suggerimenti.

1)La precarietà: questo virus ha dimostrato che esiste la precarietà, cioè una debolezza universale che connota la vita personale e la vita sociale. La cosa ha turbato il Nord del mondo che si era definito “ primo mondo”, che pensava che la precarietà  fosse dal Mediterraneo in giù. Che sia la vendetta del Mediterraneo?

La precarietà ha rivelato : angosce e dubbi nelle persone,sciocche riflessioni di personaggi pubblici, insufficienza della scienza, difficoltà di decisioni politiche,un futuro incerto e più povero. Non si tratta sempre di situazioni colpevoli, ma chiaramente siamo deboli di fronte ad una pandemia. Non mi dilungo perché le testimonianze sono presenti a tutti, ma dobbiamo renderci conto che non abbiamo sicurezze assolute ed abbiamo vissuto illudendoci.

2)La sofferenza :  la sofferenza non è un motivo per vivere e sappiamo che ciascuno nella vita ne incontra la sua parte, e cerca di affrontare la situazione secondo le sue convinzioni etiche religiose, secondo le sue condizioni di vita. Le domande non riguardano il “ come” risolvere il problema del virus, ma il “perché” il male si scatena sull’umanità con tanta violenza. Sono domande che toccano in primis la fede cristiana, ove il Signore è un “Crocefisso”. Penso che in questi mesi molte persone hanno nell’intimo dello spirito anche una sofferenza spirituale. Tante persone forse rivedono con profondità la personale posizione religiosa.

3)La generosità  : per contro la sofferenza, quando ha forme così vaste, suscita movimenti di solidarietà impensati,risvegliando motivazioni professionali di grande nobiltà o generando organizzazioni di volontariato. Abbiamo numerose testimonianze che arrivano fino all’offerta della vita.

4) La politica e la povertà: fra poco avremo di fronte tutti i problemi della mancanza di lavoro, della disoccupazione,del riconoscimento di migliaia di clandestini lavoratori, e tanto altro che conosciamo. Salta la programmazione economica e il dibattito politico mostrerà quanto rischio, ma pure quanta idealità è presente nella mentalità comune. Se chiamati a pronunciarci, si vedrà se l’Italia rivelerà una cultura di solidarietà e quali linee e uomini politici sceglierà, se linee e uomini di riflessione o di chiusura incattivita contro qualcuno.

5) La situazione pastorale : sarà necessario essere onesti e non accusare il coronavirus di situazioni che lo precedono. Prima di questa crisi erano chiare,proclamate anche dal magistero, queste posizioni: calo preoccupante di vocazioni religiose, statistiche molto al ribasso sulla frequentazione domenicale soprattutto nell’età giovanile e nelle famiglie con ragazzi, la convivenza e la diminuzione della scelta matrimoniale anche civile, il calo demografico, lo scarso senso di appartenenza alla vita comunitaria, con la parrocchia giudicata come una agenzia di servizi per alcuni aspetti e scelte della vita. In generale “una fede stanca” in Europa, sempre secondo il magistero. Toccando queste problematiche non intendo sottacere il bene e l’impegno pastorale esistente.

Interrogato da qualche parrocchiano, all’inizio della crisi ho parlato della parrocchia “ sommersa”. La parrocchia di Sant’Alessandro è formata da tutte le famigli presenti nel quartiere Di Cascinetta, famiglie di cattolici praticanti, di persone problematiche nella fede, di persone che si dichiarano non credenti, di persone di altre religioni ( un terzo degli abitanti è di origine straniera), ma comunque parrocchiani, che o vivono nella fede o ne attendono l’annuncio. Arrivate le restrizioni per motivi di sicurezza, mentre celebro con la chiesa “sbarrata”, penso a tutte le famiglie ove si prega, ove ci si interroga, soprattutto ove si soffre e vedo la parrocchia “sommersa”. Il termine “fides” può essere tradotto con “ corda”. Vedo da tutte queste famiglie tante corde salire verso il cielo, e che il Padre che è nei cieli raccoglie e unisce nel nome di Gesù in cui sto celebrando. E’ questo sguardo paterno di Dio che realizza la “comunione dei Santi” che proclamiamo nel Credo.

Qualche giorno fa qualcuno mi ha di nuovo interrogato e allora ho posto il problema di quanto questa crisi sta facendo riflettere, non solo sul “come” uscirne,( e ringraziamo chi sta preoccupandosi di questo), ma sul “perché il male” investe con tanta violenza l’umanità. “il male” è responsabilità nostra se non abbiamo con giustizia e verità affrontato le responsabilità che il Signore ha chiesto a ciascuno di noi. E’ il tempo dei “perché”,in silenzio, con in mano il Vangelo del “crocefisso e Risorto”.

Suggerimenti

Dopo alcuni interrogativi,ma se ne potevano scrivere anche altri,non so se chiamarli suggerimenti, ma vedo questa prospettiva. Naturalmente parlo solo dell’aspetto pastorale. La prospettiva della conversione della comunità in senso più evangelico.

1)Ripartire dagli ultimi: Quante volte è stato detto! Tornando alla normalità saranno celebrate preghiere di ringraziamento a Dio. Chiedo che debbano essere ,non preghiere speciali per l’occasione, ma celebrazioni eucaristiche domenicali, perché la comunità inizi ad esprimere la sua consapevolezza per ciò che è successo e l’impegno per ciò che sarà. Chiedo che abbiano una solennità “discreta”, perché Dio guarda nei cuori e ben conosce il valore della celebrazione eucaristica, ma per rispetto della presenza di tutti coloro che nella crisi hanno sofferto. Sono occasioni anche per creare coscienza comunitaria.

2) Ripartire dagli ultimi: Quante volte è stato detto!  Torneremo alla normalità, magari dopo un lungo tempo di convivenza con il virus, e chi metteremo davanti a noi, perché ci sia giustizia , verità e pace?

Non entro nel tema delle scelte personali,ma mi mantengo sul problema della pastoralità di una parrocchia. La parrocchia vive e si identica in queste tre esperienze: la liturgia ( lo Spirito dona alla comunità la possibilità e la capacità di pregare Il Padre nel nome di Gesù. Questo si esprime nell’Anno Liturgico, nelle Eucarestie domenicali, in tutta l’esperienza sacramentale e nelle  varie forme della preghiera comunitaria). La catechesi  ( la formazione cristiana alla luce della Parola. Questo si esprime nell’iniziazione  cristiana, nella proposta oratoriana,e della pastorale giovanile e in tutte le altre forme di conoscenza e di primo annuncio della Parola). La Caritas ( Tutte le forme di impegno della parrocchia per le situazioni di bisogno ). L’attività pastorale parrocchiale è nel quadro diocesano.

Mettiamoci in prospettiva sei tre temi. Anzitutto ringrazio tutte le persone che in questo periodo hanno mantenuto le responsabilità ed hanno animato, per quanto à stato possibile.

La liturgia

Chi è ultimo nella liturgia? Si può stendere una scala di giudizi? Lo scorso anno, con la guida di don Mirco, i gruppi liturgici avevano iniziato una riflessione, e, proprio con questa attenzione al vissuto della gente, avevano chiesto il cambio degli orari delle sante messe. E’ un discorso da riprendere e toccando vari aspetti continuare a migliorare la nostra preghiera comunitaria, tenendo presente che gli ultimi vescovi della diocesi hanno insistito sulla necessità di porre al centro dell’attenzione l’Eucarestia domenicale.

Vediamo che cosa succede con questa crisi.

La catechesi

Il campo è vasto e non credo si debba fare una analisi critica di tutto per ripartire. Personalmente metterei l’occhio sull’oratorio, perché è il luogo ove naturalmente si sviluppa gran parte dell’attività. Dire “oratorio” significa indicare un “luogo” preciso di identificazione della parrocchia. La recente storia dei nostri oratori ha necessità di continuare a crescere, formando sensibilità più coinvolte soprattutto nelle famiglie.

La Caritas

Questo è l’ambito a cui dovremmo prestare attenzione, ben sapendo che la comunità non ha una sensibilità cosi diffusa e coinvolta sul tema. Il gruppo dei volontari che operano sono visti come una sorte di “protezione civile” parrocchiale a cui è demandato questo compito. E’ un vecchio problema formativo della parrocchia.

Lo sconvolgimento di questa crisi certamente pone problemi nuovi o più urgenti e pesanti da affrontare. Sempre più è evidente che è necessario avere persone,non solo per il servizio alimenti e indumenti, ma per seguire i casi che si presentano ,che hanno necessità di un accompagnamento per affrontare gli iter di finanziamento , per entrare nei regolamenti della pubblica assistenza. Inoltre si pone la necessità di una collaborazione caritas interparrocchiale, perché gli schemi tradizionali di intervento stanno cambiando.

La povertà che si affaccia, lo sappiamo, viene dalla chiusura di attività produttive e commerciali, dalla disoccupazione. Il lavoro, l’organizzazione pubblica di assistenza, avranno difficoltà, come lo è stato per l’aspetto sanitario. La parrocchia non sostituisce l’istituzione civile, ma il problema pesante spinge sulla necessità di un nuovo modo di collaborare. Anche perché ci sono precisi segnali che aumenteranno le persone che si rivolgono alla caritas.

Conclusione

Più che suggerimenti precisi si tratta di sensibilità orientative. Grazie e Buon Lavoro.

Don Carlo Galli