“Fare Speranza”. In mezzo alla tempesta.

Guardo con meraviglia e sorpresa uomini e donne di fede che non si sono troppo scomposti all’arrivo della “tempesta”. Certo, gli è sobbalzato il cuore in petto, hanno vissuto lo smarrimento della sorpresa, si sono preoccupati e si  preoccupano dei loro cari, hanno conosciuto il turbamento profondo e la paura di perdersi. Ma poi, son tornati semplicemente a “fare il Vangelo” che stavano facendo. Pregano il Padre, così come gli viene, come hanno sempre fatto con umiltà, libertà e fiducia nel suo amore. Amano i fratelli e le sorelle in tutto, così come riescono, non per spirito eroico, ma perché è l’unico modo che  ritengono buono per dar senso alla vita. La “tempesta” per loro non è la fine di tutto. Solo un luogo diverso in cui “fare Vangelo”. Un luogo più faticoso, pieno di scuotimenti, carico di rischi, è vero. Ma non la ragione per smettere il Vangelo come un vestito inadatto. E non cessano di amare. I fratelli, il Padre, come in un unico movimento. Perché il Padre non abbandona e i fratelli non si possono abbandonare. Lo fanno come riescono e come possono. E son così abituati a farlo che reinventare modi, gesti, parole, iniziative di vicinanza e di amore non gli viene poi così  difficile. Anzi, trovano perfino una grazia nella possibilità di aprire strade nuove. Non si preoccupano troppo di distinguersi dagli altri, anzi sono più beati se non vengono riconosciuti. Non nascondono le loro inadeguatezze, sanno i loro limiti, ma non ne hanno soggezione né vergogna. Non si ritengono meritevoli di ammirazione, pensano semplicemente che stanno facendo quel che devono. Non pretendono l’esclusiva del bene ma si sentono alleati di tutti coloro che stanno lavorando per salvare, guarire,  proteggere, li considerano come fratelli senza guardare al loro credo, e lodano il Padre perché vedono quanto la sua  Opera sia molto più grande delle loro opere. Guardo queste donne e questi uomini, che mi stanno insegnando molto, con grande riconoscenza e ammirazione. E poi guardo a chi, sbandierando la propria fede, grida e si lamenta perché «ci stanno impedendo di essere cristiani». Mi chiedo, sommessamente, che cosa mai stessero davvero facendo questi prima della “tempesta”, per non saper che  fare durante. Molti chiedono parole di Speranza. Ma se non ho letto male il Vangelo, la Speranza cristiana, più che un discorso, è una vita donata per amore. La Speranza cristiana forse si dice, ma anzitutto si fa. E io sono grato a chi, in questo tempo, col suo fare, “fa sperare”. Che creda, o no.