Ma troverà caldo?

Il tempo natalizio si avvia verso la conclusione. Vi proponiamo la lettura di questo racconto che ci riporta all’atmosfera della notte della nascita del Bambino Gesù.
Nella stalla di Gerusalemme c’è un pò di agitazione. Il Bambino sta per nascere ma il luogo dove accoglierlo non è un granché e tutti sono un po’ preoccupati. A partire da Giuseppe, lo sposo di Maria, che ha bussato a tanti alloggi e tante taverne per cercare un posto dove far nascere Gesù, ma ha trovato soltanto porte chiuse. Finalmente è riuscito ad entrare in questa capanna malmessa, a fare un po’ di luce con la lampada ad olio, ma nel cuore (solo nel cuore, non sulle labbra, perché è uno che non parla mai) ha dentro una domanda: “Ma troverà caldo?”. E pensa: “Mi sarebbe piaciuto far nascere il Figlio di Dio in un luogo di lusso, con tante persone pronte a prendersi cura di Lui, ma c’è solo questa stalla di contadini, povera e sporca, con gli spifferi del vento che entrano da tutte le parti.
Il Bambino nascerà al freddo, vediamo se posso fare qualcosa”.
E allora Giuseppe, che è un bravo falegname, prende un po’ di legna che c’è in un angolo, tappa i buchi delle pareti alla bell’e meglio, pulisce in fretta una mangiatoia perché pensa “quando nasce lo mettiamo lì il Bambino”, trova un po’ di paglia e la infila nella mangiatoia, ci butta anche un po’ di stracci, forse sono i brandelli di un vecchio vestito dimenticato da qualche contadino. “Così starà un po’ al caldo”, pensa Giuseppe, un po’ meno preoccupato.
Anche Maria, la mamma di Gesù, ha lo stesso pensiero. E’ stanca, non ce la fa più, si vede dalla faccia, ma non è preoccupata per se stessa, è una ragazza abituata a fare fatica. E’ i pensiero per Gesù, perché quando nasce non avrà niente da mettergli addosso. Ha percorso un lungo viaggio da Nazareth a Betlemme e non ha potuto portare con sé tanta roba. E’ arrivata soltanto con una bisaccia dove ha messo un po’ di vestiti, le quattro cose che servono per il viaggio; non ha le tutine calde e colorate che regalano oggi ai neonati e il Bambino nascerà nudo, infreddolito come tutti gli altri, gridando e strillando per la paura ed il gelo. Però Maria è una donna previdente e non ha dimenticato a Nazareth le fasce di tessuto morbido e pulito per avvolgere il Bambino quando verrà alla luce.
Le tira fuori dalla sacca, le prepara, le dispone vicino a seé.
“Non sono tessuti pregiati – pensa – ma tengono caldo. E le ho preparate con cura, cucite insieme nelle giornate di attesa, ci mancava poco che dessi loro un nome quando le ho piegate ad una ad una e le ho tenute con me, perché il Bambino non abbia freddo quando viene al mondo”.
Nella stalla ci sono un asino e un bue. L’asinello, che è un po’ tonto, chiede al bue pio e saggio: “Ma tu hai capito cosa sta succedendo? Chi è tutta questa gente che è venuta a svegliarci?”. Il bue, che crede di sapere tutto anche se è un po’ vecchio, lento e sordo, gli risponde: “Non vedi? Sono Maria e Giuseppe!”. “E cosa sono venuti qui a fare?”, domanda il somaro. “Sei proprio un asino”, gli dice il bue. “Non lo sai che stanotte deve nascere Gesù?”. “Davvero? Ma tu sai sempre tutto, sei troppo intelligente!”. “Modestamente” risponde il bue, sbadigliando e agitando la coda per scacciare un po’ di moscerini. Ma l’asino insiste: “Scusami se ti disturbo un’altra volta. Ho una domanda da farti”. “Cosa c’è ancora?”, risponde il bue infastidito. “Ma il Bambino quando nasce troverà caldo?”. Il bue rimane con la bocca mezza aperta e non è un bello spettacolo da vedere. Non si aspettava una domanda così intelligente da un somaro. E poi prova a rispondere: “Stavolta mi sa che hai ragione. E non ci possiamo fare niente. Ci vorrebbe un calorifero, ma credo che non l’abbiano ancora inventato. Oppure una stufa o uno di quegli aggeggi che sfruttano la luce del sole e scaldano l’acqua, ma anche per quelli siamo qualche secolo in anticipo e poi adesso è notte, è buio”.
“Mi è venuta un’idea”, gli propone l’asino. “Proprio a te? Ma va là!”. “Sì, ho un’idea. Io e te siamo grandi e grossi e il Bambino è piccolo piccolo. Mettiamoci insieme vicino a Lui quando nasce. Lo scalderemo con il nostro corpo e il nostro fiato!”. Il bue borbotta qualcosa, gli brucia che l’asino abbia avuto un’idea migliore della sua.
E piano piano si sposta verso la mangiatoia. “Vieni con me”, dice al somaro. “Mi è venuta un’idea. Noi siamo grandi e grossi e il Bambino è piccolo piccolo. Mettiamoci insieme vicino a Lui quando nasce. Lo scalderemo con il nostro corpo ed il nostro fiato!”. L’asino pensa: “Credevo che questa idea fosse venuta a me, ma come al solito mi confondo. Il bue è più saggio, facciamo come dice lui. Così il Bambino troverà caldo”.
Anche tra i pastori c’è agitazione. Sono apparsi degli angeli, hanno detto: “Correte, correte, andate a salutare il Bambino Gesù, lo troverete in una stalla qui vicino”. Certo, corrono anche quelli zoppi e quelli vecchissimi, ma a un certo punto si fermano e dicono tra loro: “Non possiamo arrivare da Gesù a mani vuote, dobbiamo portargli almeno un regalo!”. “Io ho un po’ di latte” dice uno. Un altro dice: “Io gli porto un paio di mele” e un terzo gli risponde: “Cosa le porti a fare che il piccolino non ha ancora i denti!”. “Possono venire buone per il papà e la mamma”, gli ribatte un altro. E’ il più anziano ad intervenire a questo punto e chiede a tutti gli altri: “Ma troverà caldo? Il Bambino, dico, troverà un po’ di caldo nella stalla?”. “Hai ragione”, gli rispondono in coro e il più giovane aggiunge: “Non è mica nato con la camicia, anche se è il Figlio di Dio”. E allora eccoli che fanno a gara per mettere insieme la lana del loro gregge, la buttano in una grande sacca, se la caricano sulle spalle per strada facendo a turno a portarla. E poi arrivano dal Bambino, sono un po’ impacciati, non hanno l’abitudine ai lunghi discorsi, rovesciano la bisaccia davanti a Maria e dicono: “Questa lana è per il piccolino, bella Signora, così troverà anche Lui un po’ di caldo”.
Dal cielo li stanno guardando gli angeli. Loro non sanno cosa siano il caldo e il freddo, sono puri spiriti e qualsiasi temperatura va loro bene. Però capiscono cosa vuol dire avere il freddo dentro, sentire che il cuore non batte, non brucia, non si innamora. “Cos’è questa storia del caldo e del freddo?”, si chiedono tra loro. Ma poi si ricordano che c’è qualcosa che accende il fuoco dentro. Sanno che agli uomini non basta il calore del sole, che nella vita c’è bisogno delle note della canzone. E allora scendono, volando sopra la stalla e cominciano a cantare come solo loro sanno fare. E chissà perché tutti si commuovono, ai pastori più burberi scende una lacrimuccia dagli occhi, Maria e Giuseppe si guardano negli occhi, il Bambino sorride, l’asino e il bue soffiano ancora più forte, vorrebbero cantare ma non lo fanno per riguardo, sono stonati, rovinerebbero l’atmosfera, distruggerebbero la magia. “L’importante è che il Bambino stia al caldo”, pensa l’asino, “e forse anche il nostro fiato si mischia bene col canto degli angioletti”.
“Ma troverà caldo?”. E’ quello che possiamo pensare anche noi in questo Natale. Troverà caldo nel mondo di oggi, ma prima ancora che in casa mia, dentro me stesso, nel mio cuore? Tante volte ci sembra di camminare nel freddo e nel gelo, con i volti induriti, incapaci di commuoverci per le sofferenze degli uomini, nel disinteresse vigliacco verso chi patisce. Ci congeliamo nell’ingratitudine, ci consumiamo nella rabbia, ci illudiamo con i sentimenti superficiali e fugaci, fuoci che spegniamo nell’indifferenza e nell’odio che ghiacciano il cuore.
Ecco il Bambino è nato anche qui, in questo luogo, nelle nostre comunità, nel mondo intero, nella nostra fragile vita.
Nasce dentro di me, lo desidera, lo vuole. Ma troverà caldo?