Quel che il Signore prepara

Non è la prima volta che ci troviamo di fronte a un Dio che cucina, ne avevamo parlato non troppo tempo fa.
L’immagine mi piace, e piace di sicuro al profeta Isaia che nella lettura di oggi ce la descrive con ricchezza di particolari. Di per sé il profeta ci invita ad andare oltre le pareti della cucina per guardare cosa succede in sala da pranzo. Diamo un’occhiata insieme.
Il banchetto che Dio ha in mente di preparare si svolge su un monte: un luogo elevato, ampio, che permette uno sguardo di insieme. Insomma, il Padre eterno sembra attento a scegliere la giusta location: non è la stessa cosa consumare un buon pranzo all’aria aperta e al fresco piuttosto che nell’anticamera del bagno o nello sgabuzzino degli strofinacci e delle scope. E lo prepara “per tutti i popoli”. Vuol dire che è ricco abbastanza per permettersi un invito ampio, che vorrebbe non lasciar fuori nessuno (se volete rileggete anche la controversa parabola del vangelo di oggi); d’altra parte l’accenno a tutti i popoli significa che ha in mente un mondo pacificato, dove si è imparato a sedersi insieme, a dare tregua agli scontri e alle controversie.
Non si mangia allo stesso tavolo dei propri nemici, e spesso i pranzi servono a riunirsi, a provare a far pace, a placare le rivalità e le contese.
Ma il profeta Isaia ci offre un secondo passaggio dell’opera del Signore. Da cuoco si trasforma in medico.
Quello “strappare il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre distesa su tutte le nazioni”, in effetti, lo possiamo intendere in questo modo: ridare la vista.
Il velo e la coltre impediscono di vedere chiaro, offuscano lo sguardo. Ci vuole qualcuno che te le tolga di dosso con un’operazione sapiente e paziente, un po’ come quando un’oculista coi fiocchi ti leva la cataratta e piano piano torni a vedere, anzi cominci a percepire ogni cosa molto meglio di prima: i contorni, le figure, i colori, gli orizzonti appaiono in una luce completamente diversa.
Ti accorgi anche, in questo singolare banchetto, di quanto Dio ti ha messo nel piatto: un cibo “succulento” (così si esprime il profeta) disposto con cura, un’opera d’arte che è quasi un peccato mangiare tanto risulta bella allo sguardo, o il colore del vino “raffinato” (sempre come dice Isaia), splendido da scrutare in controluce prima ancora che da bere.
Ma siccome il Padreterno ha un debole per le sorprese, ecco che da medico si trasforma in madre. Forse si è accorto che a questo banchetto qualcuno si è seduto con un peso nel cuore, con troppi dispiaceri da portare, e allora cosa fa? Prende un fazzoletto, o addirittura un lenzuolo, perché nel mondo a piangere sono davvero in tanti, e passa da un posto all’altro ad asciugare le lacrime “su ogni volto”. E a promettere che non ci sarà più dolore, perché Lui è “il Signore degli eserciti”, e alla fine avrà la meglio sul dolore, la sofferenza, la malattia, ed “eliminerà la morte per sempre”.
Tenero come una madre, forte come un padre, capace di asciugare con delicatezza le lacrime e di combattere la morte, il nemico peggiore che si possa immaginare.
Con poche sapienti pennellate il profeta Isaia ci regala immagini suggestive e pregnanti della multiforme azione di Dio.
Noi ne restiamo incantati, e la meraviglia e lo stupore diventano preghiera.
Anche se la nostra vita spesso non ha le sembianze di un gioioso banchetto possiamo sempre lodare il Signore come ci suggerisce la Scrittura: “Ecco il nostro Dio, in lui abbiamo sperato, rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza”.
E la preghiera ci ridona fiducia, ci insegna a guardare lontano, in alto, dove certamente Dio sta trafficando tra colliri, fazzoletti, arnesi di cucina e armi da guerra per prepararci un futuro rasserenato e felice.