Un bicchier d’acqua

Uno dei capitoli più poderosi del vangelo di Matteo finisce in un bicchier d’acqua. Proprio così: andatevi a rileggere il discorso missionario di Gesù, che occupa per intero il capitolo 10 del primo vangelo. Trovate di tutto: le indicazioni per i discepoli, i suggerimenti su cosa portare e cosa lasciare a casa quando si viaggia, la possibilità del rifiuto da parte di chi ascolta la parola del vangelo, l’invito ad uscire dall’ansia e dalla paura, e molto altro. Ci si aspetterebbe un finale col botto, un fuoco d’artificio, un colpo di teatro, un miracolo, un fatto prodigioso, un’immagine poetica da stringere forte al cuore. E invece un bel niente: finisce tutto con una frase morbida, dimessa: “Chi avrà dato da bere anche solo un bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa”. Eppure mi viene da pensare che una frase così inganna; dietro la sua apparente semplicità si nasconde qualche tesoro. Io ne ho trovati tre, senza fatica. Gli altri li lascio alla vostra ricerca.
primo. Matteo parla di un bicchiere. Cos’è? Un calice, una coppa, un recipiente di porcellana, di ferro, di qualche altro materiale poco conosciuto (che non sia la plastica, all’epoca non c’era)? Non ci importa molto saperlo: ci basta sapere che è un bicchiere. Vuol dire – credo – che chi te lo offre non ti ha indicato un pozzo e ti ha detto “arrangiati”. Ti ha fatto sedere, probabilmente, è andato lui ad attingere al pozzo o alla scorta d’acqua che tiene in casa. Ti ha ospitato, in altre parole; è come se ti avesse detto “riposa, sei stanco, fermati, a te ci penso io”. Il vangelo passa attraverso gesti così, lo incontri nelle mani e nel volto di uno che ti offre da bere, che non lo fa di fretta o di corsa, che magari condivide con te il gusto della pausa, che intanto che bevi scambia due parole e ti tiene compagnia. Capita ancora così in quelle che chiamiamo “terre di missione”, dove magari di acqua ce n’è poca: ti fanno sedere, ti danno modo di rinfrescarti, mandano qualcuno al pozzo, e tu sei lì, con tutto il tempo del mondo per stare in buona compagnia. Il vangelo non ha paura di perdersi in un bicchier d’acqua.
secondo. Doppia traduzione possibile. Qualcuno scrive “anche solo un bicchiere”, qualcun altro “anche un solo bicchiere”. Sfumature? Può darsi. Ma nel primo caso può voler dire che basta poco, che un solo bicchiere può essere sufficiente a togliere un po’ di sete, e che nessun gesto di bene rimane senza ricompensa; nel secondo può significare che chi ti ha accolto non ha concesso il bis, non ha potuto o non ha voluto offrirti un secondo calice dopo che avevi finito il primo. Forse era un po’ tirchio, o forse quello che ti ha offerto rappresentava l’ultima scorta di acqua che aveva, e l’ha tenuta via per te. Mi piace quest’ultima interpretazione.
E’ come se Gesù dicesse ai discepoli pronti ad andare in missione: ricordatevi che incontrerete gente che vi darà tutto. Voi avete in mente di arrivare da loro ad annunciare il vangelo, loro l’avranno già messo in pratica nel momento in cui vi regaleranno tutto ciò che hanno, proprio come ho fatto io, come faccio io.
Terzo. L’acqua che viene offerta è chiaramente indicata come “fresca”. Colui che la offre non ignora la fatica del caldo e della strada, sa che l’acqua fresca disseta di più, è più gradita da chi ha dovuto attraversare le strade polverose, i villaggi assolati, i luoghi deserti sotto il sole di mezzogiorno. E’ acqua fresca, acqua di qualità. L’ospitante non regala al discepolo viandante un prodotto scadente, un po’ d’acqua caldiccia o inutilmente tiepida, che non soddisfa o non disseta. Come a dire: se regali qualcosa non regalare gli scarti, non dare via cose di poco conto, non fare un servizio a metà, distrattamente. Onora l’ospite che ti sta di fronte, chiunque esso sia, fagli capire che è importante, trattalo da re, da signore, non da vagabondo o da ladro. Il bene va fatto bene.
Ecco. A voi il compito di trovare mille altri significati nel bicchiere d’acqua fresca. Senza dimenticare che lo si apprezza quanto più si ha sete, che lo gode e lo gusta fino in fondo chi ha capito nella sua carne cosa sono la siccità e l’arsura, e in poche gocce versate in un calice scopre le delizie del paradiso.