CHE COS’È L’INDULGENZA?

Il peccato ha due conseguenze. La prima, il distacco da Dio, è la pena eterna, cioè l’inferno. E questa viene cancellata ogni qual volta ci confessiamo e veniamo riammessi allo stato di grazia e alla comunione con Dio. Ma ogni peccato, anche quello veniale, provoca ciò che il Catechismo della Chiesa cattolica definisce «un attaccamento malsano alle creature» che ha bisogno di purificazione e merita una pena temporale, a cui si può essere ancora obbligati nonostante il perdono delle colpe ottenuto nella confessione. Questa seconda conseguenza del peccato, cioè la pena temporale, può essere scontata sulla terra con volontarie preghiere e penitenze, con opere di bene e con l’accettazione delle sofferenze e delle prove della vita. Oppure può essere scontata nell’aldilà, nel Purgatorio. La pena temporale non è una vendetta inflitta da Dio ma deriva dalla natura stessa del peccato commesso.
«L’indulgenza è la remissione dinanzi a Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa (cioè per i quali si è già ottenuta l’assoluzione confessandosi), remissione che il fedele, debitamente disposto e a determinate condizioni, acquista per intervento della Chiesa, la quale, come ministra della redenzione», con la sua autorità «dispensa e applica il tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei santi. L’indulgenza è parziale o plenaria a seconda che liberi in parte o in tutto dalla pena temporale dovuta per i peccati». Questo stabilisce Paolo VI nell’“Indulgentiarum doctrina” del 1967. L’indulgenza è dunque un atto di giurisdizione della Chiesa e permette al fedele battezzato che si sia confessato, comunicato e abbia compiuto le opere prescritte, di estinguere anche il debito della «pena temporale».